Negli ultimi anni si parla molto di dislessia e in generale di disturbi specifici dell’apprendimento. Questi però non sono gli unici disturbi con cui genitori e insegnanti si trovano ad avere a che fare. Un problema meno conosciuto, ma altrettanto difficile da affrontare, è il funzionamento intellettivo limite, indicato, utilizzando le sigle che tanto piacciono ai nostri giorni, con l’acronimo FIL.
Si tratta di una condizione in cui si trova almeno il 3% dei bambini italiani, ma i dati sono scarsi ed è difficile indicare cifre attendibili.
Il funzionamento intellettivo limite consiste in una difficoltà generalizzata di apprendimento. Proprio l’aggettivo “generalizzata” distingue il FIL dal DSA che invece consiste in una difficoltà “specifica”, ad esempio nella lettura o nel calcolo. Detto in parole più semplici, il bambino con DSA ha difficoltà a leggere, scrivere e far di conto, ma ha una capacità di comprensione dei concetti nella norma e l’abilità di trovare strategie risolutive. Invece i bambini con FIL sono più lenti nell’apprendimento e faticano a trovare strategie risolutive, ma possono imparare a leggere, scrivere e far di conto esattamente come gli altri. Negli Stati Uniti vengono chiamati “slow learners”, che tradotto letteralmente significa “coloro che imparano lentamente”. E’ un modo meno tecnico di indicare questa condizione, fa capire bene il quadro in cui questi bambini si trovano a vivere e mi piace più della sigla FIL, che, come tutte le sigle, rischia di far dimenticare che dietro a questo acronimo c’è una persona.
Da un punto di vista diagnostico, gli slow learners sono bambini con un QI compreso tra 71 e 84. Al di sotto di 71 si parla di disabilità intellettiva perché un bambino che si trova in questa condizione difficilmente potrà acquisire le competenze di base richieste dalla scuola, nemmeno se adeguatamente aiutato. Un QI compreso tra 71 e 84 è anche chiamato borderline, un termine che nella medicina indica una condizione limite, a cavallo tra la normalità e la patologia, e che in questo caso sta a significare quella terra di confine tra capacità intellettive nella norma e capacità intellettive che non consentono un normale inserimento nella società e che pertanto costituiscono una disabilità.
Circa il 13% della popolazione ha un QI compreso in questa fascia, ma questo non basta a diagnosticare un funzionamento intellettivo limite. Molti bambini hanno infatti intelligenze molto diverse nei vari settori. Ci sono ad esempio ragazzi che sono molto carenti nell’area linguistica (hanno QI verbali molto bassi), ma sono molto intelligenti nell’area astratta e figurativa (hanno QI non verbali elevati). Il QI finale nei test non è ottenuto facendo una semplice media tra i due: un QI molto basso in uno dei due settori abbasserà notevolmente il QI totale, molto più di quanto non farebbe una semplice media aritmetica; viceversa, un QI notevolmente alto in un’area (al di sopra del 130) alza moltissimo il punteggio totale. Questo calcolo è stato scelto per tenere conto del fatto che le aree cognitive non sono separate, ma si influenzano a vicenda. Di solito chi ha un QI molto basso in uno dei due settori verrà penalizzato anche nell’altro, ma questo non è un destino ineluttabile. Alcuni bambini imparano a compensare le difficoltà in un’area cognitiva utilizzando l’altra area e in questi casi il punteggio totale che risulta dal calcolo è decisamente inferiore a quelle che sono le reali prestazioni del bambino. Inoltre le prestazioni scolastiche sono in gran parte influenzate dalla capacità di attenzione e dall’autostima. Una bambino con un QI basso, ma capace di sfruttare al massimo le sue potenzialità, avrà risultati di gran lunga superiori ad un bambino con un QI alto ma con disturbi dell’attenzione o con un problema di ansia o di autostima.
Ciò significa, ad esempio, che un ragazzo con QI totale di 83 potrebbe avere prestazioni scolastiche paragonabili a quelle di un ragazzo con un QI totale di 95.
Uno slow learner ha grosse difficoltà nella scuola elementare e media, ma può acquisire tutte le competenze richieste. Deve certamente essere seguito e aiutato più degli altri bambini, ma se trova insegnanti comprensivi e genitori che lo sostengono, anche facendolo affiancare da un tutor pomeridiano, può ottenere risultati sufficienti.
Per quanto riguarda la scuola superiore, gli slow learners dovrebbero scegliere percorsi di studio che prevedano materie pratiche. Questi ragazzi infatti, una volta che hanno appreso una procedura, hanno una buona capacità di eseguirla, anche quando si tratta di istruzioni complesse. Di contro, hanno enormi difficoltà nel ragionamento logico-astratto per cui troveranno quasi impossibile apprendere quelle materie che richiedono di ragionare volta per volta.
Negli ultimi anni ho avuto a che fare con alcuni slow learners e ho potuto constatare la loro onestà, il loro senso del dovere, il loro impegno, e la loro determinazione. Se non vengono forzati a studiare discipline che per loro sono proibitive, possono ottenere ottimi risultati in molti settori.
Di fronte ad un bambino o ad un ragazzo che presenta questo tipo di difficoltà bisogna essere molto sinceri, innanzi tutto con se stessi: fingere che siano dislessici, come si fa spesso, illudersi che le loro difficoltà siano solo temporanee o, peggio ancora, obbligarli a frequentare scuole che richiedono capacità intellettive logico-astratte non li aiuterà.
Al contrario, per loro sarà un danno perché non potranno avere il tipo di aiuto necessario e vivranno una frustrazione dietro l’altra in un settore che non fa per loro, mentre potrebbero avere successo in un altro settore che per loro è molto più congeniale.
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